Le Parole Hanno Il Potere Di Distruggere E Di Creare - A Cura Di: Valentina Oliveri Vincitrice XII Concorso Sez. Narattiva



Quando le parole sono sincere e gentili possono cambiare il mondo”. (Buddha Shakyamuni)

Le parole esprimono la mente e il cuore di una persona, poiché il loro aspetto fisico (il loro suono o la loro scrittura) ne rivela anche l’aspetto spirituale. 

La mente e il cuore di una persona trovano espressione nelle parole, e queste parole non sono solo suoni o segni - come sembrerebbe ascoltando i giornalisti dei telegiornali che ci comunicano con la medesima inflessione di voce ed espressione del viso tanto i disastri più orrendi che l’ultima moda in fatto divestiario: le parole sono la mente e il cuore di chi le ha pensate, pronunciate o scritte. Come scrive NichirenDaishonin, monaco buddista del XIII secolo, “Una persona che scrive di notte puòspegnere la lampada, ma le parole che ha scritto rimarranno”

1. Ascoltando le sue parole, si può conoscere la mente e il cuore di una persona. Inquesto senso ogni parola che pensiamo, pronunciamo o scriviamo emana direttamente dallo stato vitale in cui citroviamo: se ci troviamo nel mondo di collera, anche le nostre parole trasmetteranno collera; se invecedimoriamo nello stato di umanità, anche ciò che pensiamo, diciamo e scriviamo manifesterà inevitabilmentequello stato. 

Il potere delle parole è pertanto davvero formidabile: quello di esprimere o manifestare la mente e il cuore dell’essere umano in tutte le sue immense potenzialità. In questa ottica si può dire che le parole rappresentino l’intero spirito umano, dotato della capacità di trasformare anche le situazioni più difficili, creando valore e producendo sempre più ricchi significati – oppure di creare e perpetuare la guerra. 

Non per niente le parole vengono considerate nel Buddismo “azioni”, portatrici di karma positivo o negativo alla stregua dei pensieri e delle azioni vere e proprie: una persona infatti è nobile o ignobilenon per nascita, per potere o per ricchezza, bensì per le proprie azioni di essere umano.

L’educazione è strettamente connessa alle le parole. Come sostiene Johan Galtung, pioniere degli studi sulla pace


2, ci sono tre maniere per imparare, vale a dire tre modalità di educare: l’auto-educazione (la  meditazione, il dialogo interiore), l' auto educazione (scambio di vedute e di esperienze con colleghi allo stesso livello di sviluppo) e l’educazione degli altri (relazione insegnante-alunno, professore-studente). 

Tutti questi aspetti educativi richiedono in qualche misura l’utilizzo di parole. Le parole sono “educatrici” perché possiedono anche il potere di farci scoprire significati in ogni evento checi succede, e questo costituisce una parte autenticamente creativa dell’essere umano. Personalmente non credo si tratti di giungere a un Significato Unico, immobile, statico, perenne, quanto invece di aggiustare,cambiare, aggiungere significati man mano che si procede nel percorso dell’esistere.

Lo scopo più alto delle parole è quello di creare un dialogo, una delle azioni più nobili in cui l’umanità può prendere parte, vale a dire una interazione creativa con se stessi e con gli altri esseri umani. Il termine “dialogo” è quasi l’opposto di “dibattito”: nel dibattito ci sono vincitori e perdenti, il dialogo invece è aperto, il suo risultato è imprevedibile e promuove un arricchimento reciproco. 

Iniziare un dialogo è l’unica maniera per stabilire legami di pace; per creare un dialogo c’è bisogno prima di tutto di superare l’eccessivo attaccamento alla differenza che è radicato profondamente nella psicologia individuale umana, e di impegnarsi nel dialogo sulla base della nostra comune umanità. 

Solo affrontando questa difficilissima sfida è possibile trasformare noi stessi e le nostre società. Fiducia e volontà di dialogare determinano in ultima istanza il successo o l’insuccesso di ogni azione volta allapace.

La guerra in Ucraina a cui oggi assistiamo, il fatto che una nazione abbia invaso con la violenza un’altra nazione, implica a ben vedere una visione della vita basata sul passato.

Il passato facilmente ci condanna a ripetere le medesime azioni e a ricevere quindi i medesimi effetti, in un circolo vizioso chiuso e senza speranza: ciò che il Buddismo chiama karma. Ciò che è successo in passato nella storia dei due paesi e del mondo intero determina il karma collettivo, che non è altro cheuna serie di giudizi (e quindi di reazioni) basate essenzialmente su quelli che il Buddismo definisce imondi più bassi dell’essere umano:

paura, arroganza, collera, volontà di potere, stupidità. Finché continuiamo a ripetere gli errori passati, non possono che scaturire rimpianti, recriminazioni,

invidie, confusione: i pensieri, le parole e gli atti che nasceranno da questi stati vitali non porteranno che a una serie di effetti catastrofici all’infinito. La parola sanscrita “karma” significa “azione”,ed è infatti attraverso le nostre azioni (pensieri, parole, atti) che è possibile cambiare ogni tipo di karma:individuale e collettivo, mutabile e immutabile. Inoltre - per il principio di

Le parole e la pace unicità di vita e ambiente - se cambiamo noi, anche il nostro ambiente cambia di conseguenza. Il funzionamento del karma – della legge di causa ed effetto che governa ogni fenomeno della vita – implica che questioni su cui non abbiamo apparentemente alcuna influenza (la guerra in Ucraina per esempio) siano in realtà, a livello profondo, una nostra precisa responsabilità. 

Se consideriamo che le cause di tutto ciò a cui stiamo assistendo in Ucraina non sono “colpa” di governanti più o meno lontani e a noi estranei ma risiedono nelle nostre vite, allora la sensazione di frustrazione per non potere agire scompare e diventiamo improvvisamente gli autentici protagonisti della nostra esistenza in questo mondo. 

Se parto dal punto di vista che sono io stessa in fondo (e quasi senza accorgermene) a contribuire a inquinare il mondo, a disboscarlo, a eleggere (magari non proprio per scelta personale) i politiciche ci governano, al prolificare degli armamenti, alle guerre, alla disuguaglianza razziale o di genere intanto che una vasta proporzione del mondo non mangia a sufficienza, allora non posso fare a meno di sentire la necessità e l’impellenza di cambiare le cose che non mi vanno bene, a partire dalla mia stessa vita.

A livello personale, questa guerra alle porte di casa ha avuto l’effetto di sottolineare in modo estremamente evidente una guerra che io stessa stavo vivendo all’interno della mia famiglia d’origine, con mia sorella. Mi ha fatto prendere improvvisamente coscienza di quanto nei miei rapporti con lei stavo continuando a basarmi sul passato, sulle sofferenze che mi aveva causato, sulle ferite che mi aveva inflitto, sui soprusi che sentivo di avere subito da lei. Solo a livello mentale riuscivo a considerare che anche lei - come ogni essere vivente – possiede, simultaneamente agli altri nove mondiinferiori, una parte illuminata: la sua buddità innata. 

Nel mio cuore tale percezione rimaneva inaccessibile perché non riuscivo a distaccarmi dal passato, i giudizi che mi ero formata su di lei. Da anni comunicavamo solo tramite avvocati, se si eccettuano rarimessaggi personali di accuse reciproche. Ciò era ovviamente causa di una grande sofferenza personale per me e – credo – per lei.

Recentemente, una serie di eventi ha fatto sì che io e mia sorella dovessimo prendere una decisione riguardo alla suddivisione di certe royalties relative alla riedizione di una lampada del nostro defunto padre, dato che nostra madre non è in grado di intendere e volere. A ciascuna di noi è statoproposta un’alternativa a riguardo: seguire la divisione successoria (che prevede che nostra madre riceva lametà della somma e le figlie un quarto a testa) oppure dividere l’importo in tre parti uguali. 

Senza dare peso alla questione, ho risposto che optavo per seguire la linea di successione, rispettando le volontà di nostro padre.

La risposta di mia sorella è stata invece per me sorprendente, una lezione di vita davvero inaspettata:desiderava lasciare tutto a nostra madre.

Nel momento in cui leggevo le parole che mia sorella aveva inviato alla ditta, mi trovavo davanti al mio altare buddista; ho compreso immediatamente che quella che stavo osservando era esattamente la realizzazione di ciò per cui avevo pregato tanto: vedere la sua buddità.

Con tutta la mia più sfrenata fantasia non avrei mai immaginato che la persona che avevo considerato finora una presenza negativa nella mia vita fosse capace di un gesto di amore simile. In quell’istante tutti i giudizi, i rancori, le cattiverie che avevo rimuginato per decenni sono svaniti in un attimo come rugiada al sole: questo è ciò che il Buddismo chiama “disarmo interiore”, questo significa lasciare andare il passato e gli attaccamenti ai giudizi formulati in precedenza e ricominciare in una maniera diversa enuova. 

Per me, in quanto artista, questo ricominciare in modo nuovo rappresenta uno dei più alti gradi di creatività a cui l’essere umano può assurgere, l’opera d’arte più preziosa e di valore dell’esistere. Naturalmente ho subito comunicato alle persone incaricate di gestire la riedizione della lampada che mi associavo pienamente al desiderio di mia sorella di lasciare l’intera somma delle royalties a nostramadre. 

Tuttavia sentivo che questo gesto non era ancora sufficiente per trasformare profondamente la mia sofferenza e quella di mia sorella: dovevo anche trovare una maniera per comunicarle che avevo colto la portata del suo pensiero, delle sue parole e delle sue azioni, e che questo non riguardava solo nostra madre, ma anche e in primo luogo il nostro rapporto futuro.

Seguendo il mio cuore, le ho scritto un messaggio ringraziandola per avere avuto un pensiero per nostra madre che io stessa non avevo avuto, un pensiero di grande pregio. Non mi  aspettavo da parte sua una reazione al mio scritto, invece mia sorella ha avvertito il mio cuore e ha risposto che apprezzava le mie parole. 

A quel punto un sentiero di pace si è improvvisamente aperto davanti a noi, un sentiero nuovo che stiamo praticando a poco a poco mediante immagini di natura e piccole frasi di incoraggiamento che ci inviamo ogni giorno. Non ho il potere di sapere dove porterà questo sentiero, non ho neanche il potere di controllare la vita, le reazioni, i pensieri o le scelte di mia sorella. 

Tuttavia ho verificato con la mia vita anche in questa occasione come ogni essere umano possiede il potere straordinario di cambiare in un istante il proprio atteggiamento mentale e quindi i propri pensieri, le proprie parole e le proprie azioni, e come questo cambiamento abbia immancabilmente e simultaneamente effetti nell’ambiente. 

Sperimentare che mia sorella è anche capace di creare valore ha trasformato radicalmente il mio rapporto con lei:

ora sento di rispettarla veramente nonostante le nostre differenze. Anche il nostro passato di sorelle ha assunto un significato diverso, come se una luce fosse stata accesa in un luogo  rimasto nell’oscurità per secoli: ora posso dire che tutto il “male” che è intercorso tra di noi ha avuto la funzione di condurci a un grande “bene”.

La guerra con mia sorella si è trasformata in un modo assolutamente imprevedibile da un passato oscuro e doloroso in una crescita per entrambe, in una grande creazione di valore. Una tale trasformazione interiore dell’essere umano, che il Buddismo definisce “rivoluzione umana”, è inrealtà l’unico processo in grado di creare la pace tra gli individui, in Ucraina e nel mondo intero. In questosenso Come dice Daisaku Ikeda - filosofo, educatore, maestro buddista e attivista giapponese - “la rivoluzione umana di un singolo individuo contribuirà al cambiamento nel destino di una nazione e condurrà infine a un cambiamento nel destino di tutta l’umanità”


3.

La pace infatti non è qualcosa che arriva dall’alto, dalla politica, dai  governanti, dai burocrati, daidiplomatici: la pace è un processo che si costruisce dall’interno dell’individuo prima di tutto, nei suoi scambi e contatti a livello umano, costruendo una rete di pace e fiducia al livello di base per così dire, tra persone ordinarie. 

Ciò implica uno sforzo costante da parte dell’individuo, una scelta quotidiana di non dare retta alla propria parte oscura (che pure esiste ed esisterà sempre) e di seguire invece la parte più grande e nobile, quella che produce un atteggiamento accogliente e positivo, un modo di pensare, di parlare, di agire dettato dalla compassione e dal senso di unità piuttosto che dall’egoismo e dalle differenze. 

Seguire la propria parte illuminata e avere fiducia nell’esistenza della parte illuminata altrui rappresenta un salto qualitativo delle potenzialità umane; è come trovare il buon cavallo descritto da Nichiren Daishonin nel 1261 

“Una mosca blu, se si posa sulla coda di un buon cavallo, può viaggiare diecimila miglia, e la verde edera che si abbarbica intorno al possente pino può crescere fino a mille piedi”


4.

Le differenze separano solo quando vengono giudicate dal nostro piccolo io, altrimenti costituiscono al contrario una ricchezza; come in un parco ciascun filo d’erba, ciascun cespuglio,ciascun albero è diverso e ognuno contribuisce all’armonia dell’insieme, così gli esseri umani possono godere diuna vera pace solo quando ciascuno riconosce il valore e le potenzialità dell’altro e contribuisce al valore dell’insieme intanto che si sviluppa individualmente. 

Questa “etica della simbiosi e mutuo rispetto”, questa tendenza psicologica a favorire l’armonia, l’unità, il “noi” piuttosto che l’opposizione, la divisione, l’”io” costituisce a mio parere una immensaricchezza culturale e il modo corretto di esistere in quanto esseri umani.

Valentina Oliveri Vincitrice XII Concorso Sez. Narattiva

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