Contro questo neoimpegno degli scrittori Walter Siti ha scritto un pamphlet stimolante, per metà giusto e per metà a mio avviso fuorviante.
Perché giusto?
Perché il mercato chiede oggi romanzi molto leggibili e semplificati, portatori di contenuti edificanti, di buone cause che ci fanno sentire buoni.
Mentre la letteratura autentica non rassicurarci né deve promuove cittadini migliori.
Il suo scopo non è la virtù.
La verità letteraria è di per sé ambigua e disturbante. D'accordo. Però il discorso polemico di Siti è anche fuorviante, perché se va di moda la retorica buonista, con le sue certezze catechistiche amore e brutalità si escludano, i bambini sono sempre innocenti, l'odio nasce solo dall'ignoranza, etc. occorre ricordare a Siti che nel senso comune degli italiani, dunque nella loro vita quotidiana, prevale il cattivismo non il buonismo.
In cosa consiste il cattivismo?
Nell'ammirazione per i furbi, i ricchi e i vincenti, nel disprezzo per gli ingenui, nell'idea che più sei cattivo e più sei intelligente, nel discredito totale gettato sui cosiddetti "sfigati"(parola chiave) ovvero i perdenti, gli ultimi. Impegno e disimpegno sono oggi in letteratura solo due strategie opposte , ma simmetriche, di autopromozione e visibilità: "tira" molto sia la solidarietà con i migranti e l'intrattenimento salottiero.
Insomma: la sia letteratura contesta l'ovvietà dei punti di vista, ci porta lì dove non avevamo immaginato di andare, soprattutto attraverso il linguaggio, ("contenuto la forma sedimentato", Adorno).
Fa bene Walter Siti a ricordarcelo descrivendo puntualmente gli orrori del politically correct.
Si potrebbe dire: la letteratura è il contrario della politica.
Questa ha il compito di semplificare la nostra vita quotidiana, mentre la letteratura complicare esperienza la (oggi dovrebbe nostra avviene perlopiù il contrario!). Le opere letterarie non rassicurano né guariscono: specie quelle cosiddette moderniste, della prima metà del '900 - Joyce, Kafka, Proust, Musil…- alimentano dubbi e interrogativi, e a volte ci feriscono a morte.
In una celebre lettera proprio Kafka scrisse che la letteratura deve essere
"l'ascia che spezza il nostro cuore gelato".
Giorgio Manganelli ha spiritosamente osservato che
“Dappertutto abbiamo bisogno di brave persone tranne che in letteratura”.
Però a furia di riaffermare questa cosa si concede troppo fascinazione dell'estremo, del alla male e e si dimentica che invece la letteratura non ci lascia mai interamente soli con i nostri demoni e le nostre paure profonde, ci mostra che quei demoni li condividiamo con molte altre persone, e anche solo per questo un po' si prende cura di noi, magari senza volerlo.
È impegnata a sua insaputa.
La letteratura in fondo è lo scudo/specchio che usa Teseo contro la Medusa per non guardarla in faccia ed esserne quindi pietrificato.
Esplora ogni volte tutte le possibilità del male - senza esserne risucchiata - ma anche del bene autentico nella vita quotidiana, su cui la attuale cultura dominante del cinismo e della durezza ha gettato un velo di sospetto e discredito.
Sì, la sua verità è ambigua e sfaccettata, ma non fa dell'ambiguità un programma o un obiettivo.
Filippo La Porta Presidente di Giuria Tecnica XIV Edizione
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