Riparliamo Di Impegno (A Cura Del Presidente Di Giuria Tecnica: Filippo La Porta)



Negli ultimi due decenni è stato rilanciato l'impegno in letteratura. Intendo  l'impegno civile e sociale rivolto alle grandi cause del nostro tempo: migranti, criminalità, emergenza climatica, fascismo,  guerra, violenza di genere…Si pensi ai libri di Saviano, Murgia, Catozzella, Carofiglio, Scurati. Contro questo neoimpegno degli scrittori  Walter Siti ha scritto un pamphlet stimolante, per metà giusto e per metà a mio avviso fuorviante. Perché giusto? Perché   il mercato chiede oggi  romanzi  molto leggibili e semplificati,  portatori di contenuti edificanti, di buone cause  che ci fanno sentire buoni. Mentre la  letteratura autentica non deve rassicurarci né promuove cittadini migliori. Il suo scopo non è la virtù. La verità letteraria è di per sé ambigua e disturbante. 

D'accordo. Però il discorso polemico di Siti  è anche fuorviante,  perché   se va di moda la retorica buonista, con le sue certezze  catechistiche  - amore e brutalità si escludano,   i bambini sono sempre innocenti, l'odio nasce solo dall'ignoranza, etc. occorre ricordare a Siti che  nel senso comune degli italiani, dunque nella loro vita quotidiana,  prevale il cattivismo non il buonismo. In cosa consiste il cattivismo?  Nell'ammirazione per i furbi, i ricchi  e  i vincenti, nel  disprezzo per gli ingenui, nell'idea    che più sei cattivo e più sei intelligente,  nel discredito totale gettato sui cosiddetti "sfigati"(parola chiave) ovvero i perdenti, gli ultimi. Impegno e disimpegno sono oggi in letteratura solo due strategie opposte , ma simmetriche, di autopromozione e visibilità: "tira" molto sia la solidarietà con i migranti e sia l'intrattenimento salottiero.

Insomma: la letteratura contesta  l'ovvietà dei punti di vista,   ci porta lì dove non avevamo immaginato di andare, soprattutto attraverso il linguaggio,   la forma ("contenuto sedimentato", Adorno). Fa bene Walter Siti a ricordarcelo   descrivendo puntualmente gli orrori del politically correct. Si potrebbe dire: la letteratura è il contrario della politica. Questa ha il compito di semplificare la nostra vita quotidiana, mentre la letteratura dovrebbe complicare la nostra esperienza (oggi avviene perlopiù il contrario!).  Le  opere letterarie   non rassicurano né guariscono: specie quelle cosiddette moderniste, della prima metà del '900 - Joyce, Kafka, Proust, Musil… - alimentano dubbi e interrogativi,  e a volte ci feriscono a morte.  In una celebre lettera proprio Kafka scrisse che la letteratura deve essere "l'ascia che spezza il nostro cuore gelato".  Giorgio Manganelli ha osservato spiritosamente che “Dappertutto abbiamo bisogno di brave persone tranne che in letteratura”. 

Però a furia di riaffermare questa cosa si concede troppo alla fascinazione del male e  dell'estremo,   e si dimentica che invece  la letteratura  non ci lascia mai  interamente  soli con i nostri demoni e le nostre paure profonde, ci mostra che quei demoni li condividiamo con molte altre persone,  e anche solo per questo un po' si prende cura di noi,  magari senza volerlo. È impegnata a sua insaputa.   
La letteratura in fondo è  lo scudo/specchio che usa Teseo contro la Medusa per non guardarla in faccia ed esserne  quindi pietrificato. Esplora   ogni volte tutte le possibilità del male -  senza esserne risucchiata -  ma anche del bene  autentico nella vita quotidiana, su cui la attuale cultura dominante del cinismo e della durezza ha gettato un velo di sospetto e discredito. Sì, la sua verità è ambigua e sfaccettata, ma non fa dell'ambiguità un programma o un obiettivo. (Filippo La Porta)

 

Filippo La Porta - E’ saggista, giornalista e uno dei maggiori critici letterari italiani. Ha scritto libri di saggistica e critica, tra i quali La nuova narrativa italiana. Travestimenti e stili di fine secolo, edito da Bollati Boringhieri nel 1994, nel quale disegna una mappa degli scrittori italiani contemporanei divisa per stili e correnti letterarie. Con Giuseppe Leonelli ha pubblicato nel 2007 per Bompiani un Dizionario della critica militante, in cui accanto ai grandi nomi della critica italiana, appaiono figure meno note come Giancarlo Mazzacurati, Giorgio Ficara, Francesco Dragosei e altri. E' da poco uscito il suo ultimo saggio: 

L'ARTE DEL RIASSUNTO COME LIBERARSI DEL SUPERFLUO (Treccani)

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