Meriggi D' Estate (Vincent Van Gogh)
Quando mi capita di ripensare a quell’estate lontana, mi convinco sempre di più che sia stata tutta colpa del caldo, esagerato anche per una città torrida come la mia. Gli amici erano scappati al mare, in piazza della Signoria neppure l’ombra di una ragazza straniera.
Una mattina, riempii una grossa borsa con i libri della scuola e mi incamminai verso la stazione ferroviaria, obbiettivo un piccolo paese delle montagne pistoiesi, Pracchia, dove uno zio possedeva una casa. Il posto ideale per preparare l’esame di maturità.
Non fu facile trovare quella casa, nascosta dentro un bosco di castagni. Quando finalmente me la vidi apparire davanti, austera e imponente, mi cascarono le braccia. Le erbacce, che l’aggredivano da tutti i lati, erano il segno di un antico abbandono. Fu difficile anche aprire la porta, perché la chiave non ne voleva sapere di girare nella toppa arrugginita. All’interno però tutto in ordine, come se l’ultima persona che ci aveva messo piede, forse proprio mio zio, avesse deciso di non tornarci più. Le stanze spoglie dagli alti soffitti risuonavano come gusci vuoti.

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