OGGI PARLIAMO DI NARRATIVA PER RAGAZZI





Sonia Giovannetti è poetessa, scrittrice e critica letteraria. Fa parte di molte associazioni promotrici di arte e letteratura, è membro e Presidente di Giuria a Premi letterari. È presente in diverse Riviste letterarie ed è collaboratrice del Blog “Alla volta di Leucade” di Nazario Pardini. 

Le sue opere hanno ottenuto il 1° premio a molteplici Concorsi letterari nazionali e internazionali di poesia, di narrativa e saggistica. Fra i suoi libri, "Un altro inverno" (Editore Kairos) del 2015, "Dalla parte del tempo" (Genesi Editore) del 2018, "Le ali della notte" (Armando Curcio Editore) del 2016. “La poesia, malgrado tutto” (Castelvecchi), “Arte sotto la lente. Note critiche a testi e mostre” del 2024 per IL CONVIVIO EDITORE. 

***

“C’è una pazzia dello scrivere che si ha dentro, una pazzia, furiosa ma non è per questo che si è pazzi. Anzi” con queste parole Margherite Duras testimonia, in modo diretto, che è il demone che abita gli scrittori a muovere la loro penna, così come per altri “pazzi” a riempire di armoniosa bellezza il pentagramma e a plasmare e colorare lo spazio. 

Per chi si occupa di poesia, come nel mio caso, niente è più vero di questa affermazione, se si prende in considerazione la presenza incombente del mistero che muove la poesia a prodursi in noi e a cui, quasi inconsapevolmente, prestiamo il nostro vocabolario. Da qui l’azzardo oltre il limen, oltre la siepe che delimita il confine del nostro essere, laddove l’immaginazione diventa il luogo in cui tutto è possibile. Il poeta sa leggere questo mistero, lo attraversa e ben pochi arrivano come lui a saper guardare oltre i confini del presente per scorgervi il futuro, per indovinarne i tratti dagli indizi che l’umanità gli fornisce. 

Questo svelamento del mistero, questa “pazzia”, per dirla con Duras, avviene quando si oltrepassano i limiti della ragione e si riesce ad alimentare la piccola fiammella della creatività, della curiosità, dell’esplorazione di noi stessi, di tutto quello che ci permette di togliere la maschera che ci imponiamo tutti i giorni, quella dei nostri ruoli – sociali, professionali, familiari – per indossarne una più autentica, che ci rappresenti appieno, e che può essere un aiuto a vivere meglio, a coltivare leggerezza e ironia quel tanto che serve per sorridere alla vita e perfino, talvolta, per farcela amare.

Insomma, un po’ di quella “Follia” decantata da Erasmo da Rotterdam, più di 500 anni fa, nel suo celebre “Elogio”, con quella dea che irradiava luce e calore, suggerendoci di non prenderci troppo sul serio e di liberare invece la nostra più autentica identità. Un po’ come fanno gli artisti, genialmente sovversivi per vocazione, e i poeti appunto, che più di altri si pongono in ascolto della parte più vera del loro essere, incuranti degli effetti spesso dirompenti del loro dire, e ne fanno dono. La poesia, l’arte, abita nella follia, che è il luogo di ciò che è oscuro e a cui si dà voce, in un moto spontaneo dell’anima. La poesia e l’arte hanno la stessa matrice, rappresentano un volo, un’elevatezza, un’ascesa per superare i limiti del visibile. Essere folli significa essere creativi, ed essere creativi significa essere liberi. Liberi di dirsi e di “fare”, perché la poesia è proprio un “fare”, che corrisponde a un “sentire”, è un operare su se stessi e sull’altro. Il poeta, infine, è colui che ha lo sguardo sull’uomo, sulla condizione umana e sui suoi sentimenti. 

È salvezza e ancora. È quella voce che richiama alla bellezza del vivere, alla cura della parola che la esprime e che ha anche il compito di dare suono e voce a chi non ha voce, a chi è sfruttato, a chi sente l’ingiustizia. Una manifestazione creativa, la poesia, dell’interiorità dell’uomo che ha lo scopo di dare forma alle sue emozioni e che, al tempo stesso, risana il tempo dell’uomo riavvicinandolo alla sua umanità. Un io amico, dunque, un tempo “ritrovato”, direbbe Proust, in un’epoca che non sembra assecondare questa dimensione, ossessionati come siamo dalla velocità, dall’efficienza e dalla tecnologia, fattori forse vantaggiosi del vivere odierno, ma che sottraggono tempo all’ascolto della nostra e dell’altrui interiorità.

SONIA GIOVANNETTI

Comments