Toccata e Fuga (Premio Narratore Emergente)

VI Concorso Letterario "Città Di Grottammare"


Associazione Culturale "Pelasgo968" - Grottammare


Toccata E Fuga  (Premio Narratore Emergente)

di GIANDOMENICO DI SALVATORE (Ortona – CH)

Sarebbe arrivato in città. Sarebbe sceso dalla carrozza tirato per il manico dall'olezzo acre e pungente delle folle. La gentaglia rude e spicciola si sarebbe accalcata attorno a lui avvolgendolo come una colata di pece alla quale non avrebbe potuto sottrarsi. A tali angosce si sommavano anche la noia e la nausea: con questi supplizi pagava il prezzo della notorietà.

Fuori dal finestrino figure anonime si componevano in un tedioso paesaggio grigio e nero: ridotto in cenere dalla sua smisurata fama. Sfregò le mani come per lavarle. Le sfregò di nuovo con violenza, come se volesse decorticarsi. La carrozza ebbe un brusco sussulto al quale seguì uno sbuffo di insofferenza. Si tolse i guanti e vide le mani ancora sporche di folla. Quella gente adulante, piccola e squallida lo offendeva, lo deturpava, era un impune attentato alla sua distinta persona. Chiuse gli occhi e, sfregando le mani nude con ancora più violenza, cercò di strozzare in gola un gemito di angoscia che uscì lo stesso, insieme a una lacrima.

Le dita, gelide e rinsecchite come rami d'inverno, si mossero per scrollare il senso di sudiciume ripercorrendo nel vuoto la sua ultima creazione: un'ambiziosa Toccata in Do Bemolle per Organo. A suo eccellente parere e giudizio, la composizione era incompleta perché difettava gravemente di una Fuga, che stentava a comporre. Dentro di sé una voce insinuava che non l'avrebbe mai ultimata, che aveva spinto la sua ambizione troppo oltre. Nonostante tutto, l‟avrebbe suonata comunque perché lui era l‟Organista. Aveva consacrato la vita alla musica e al successo: ne ottenne così tanto che il suo vero nome andò perso. Giudicò gli organi di mezza Europa trovandoli spesso carenti. Infatti, si diceva che lo strumento che non avesse mai eseguito una sua composizione non avrebbe mai emanato lo spirito che vi dimora.

Vide un'ombra muoversi accanto a sé. Sebbene avesse riconosciuto il mantello che si afflosciava sul sedile, trasecolò. Lo indossò alla svelta insieme ai guanti e al cappello perché, di lì a poco, con quell'armatura improvvisata avrebbe tentato di ripararsi dal viscido sguardo delle masse. Inutilmente... La carrozza si arrestò fra lunghi nitriti di protesta: il suo viaggio si concludeva davanti a una cattedrale le cui guglie trafiggevano il cielo. Scese come un condannato che volesse rimandare la pena. Vento, pioggia e gente si abbatterono subito su di lui. Si fece largo con il bastone valutando se fosse il caso di estrarre la lama proditoria ma, per sua fortuna, fu scortato da alcuni gentiluomini. Oltre al disagio dovuto alla gentaglia, si sentiva osservato.

Si voltò per istinto e lo vide nella folla: indossava un saio nero e grigio ed era sicuro lo stesse scrutando all'ombra del cappuccio. Cercò di ignorare quell'oscura presenza convincendosi che fosse soltanto una suggestione, ma non vi riuscì. Si rifugiò difilato nella cattedrale alla ricerca dello strumento: un maestoso strumento di scuola tedesca. L'arte organaria tedesca era la sua preferita: ne gradiva sia la mostra barocca che incombe sulla cantoria sia la scrupolosa osservanza della tradizione. Ma, soprattutto, trovava deliziosa la tipica mostra di canne che andava pudicamente a celare l'organista dal pubblico, accogliendolo nell‟intimità della consolle. Nonostante le gambe sofferenti, non emise lamenti: affrontò la lunga rampa di scale come un asceta perché, ad ogni gradino, si sarebbe allontanato sempre di più dal turpe mondo dei mortali.

Nella cantoria le tre tastiere e la pedaliera lo accolsero con un forte odore di legno nuovo. Prese posto tra i pomelli a tiro e selezionò i registri assicurandosi di essere solo. Vide l'Incappucciato che avanzava verso di lui dal lato opposto della cantoria ma, adesso, nulla avrebbe potuto turbarlo: la musica l‟avrebbe salvato…

Sfilò i guanti con un gesto di sfida, sgranchì le dita ed eseguì un La per dare inizio al concerto. Le canne vibrarono in tutta la loro potenza provocando un brivido all'uditorio, che cessò di vociare. Il suono aderiva alle mura della cattedrale fino a possederla. Rivolse una smorfia di scherno all'Incappucciato che reggeva la testa fra le mani in preda ad atroci sofferenze fino a svanire dilaniato dagli echi. Il La si smorzò in una cupa risata seguita da un breve silenzio.

L'Organista iniziò l‟esecuzione della sua ultima Toccata. Dopo anni di esperienza aveva imparato che, per concludere ogni opera, avrebbe dovuto subire il castigo dell'ispirazione fino all'ultimo istante, per poi rinascere nel rinnovato successo, che non sarebbe mai venuto meno…
Questa volta avrebbe dovuto terminare la composizione sul posto. Portò entrambe le mani sul viso per asciugare il sudore mentre l'organo continuava a suonare. Tirò fuori l‟occorrente e provò a posizionare sul pentagramma qualche nota della Fuga: doveva comporla prima che la Toccata finisse. Il brano era lungo proprio per guadagnare tempo ma l'organo procedeva spedito verso il gran finale.
La melodia annunciava già le prime frasi del crescendo e sulle sue carte vagavano poche note disperate, strette in cinque righe di strazio: la Fuga ancora non c'era.

L'Organista aveva appena escogitato una traccia quando fu sorpreso dal gran crescendo finale e dall'Incappucciato stesso, che portava una pergamena in mano. Completando l'opera sarebbe stato salvo, avrebbe ricevuto nuovi onori per sentirsi vivo ancora una volta ma, ormai, era esausto e l‟organo impazzava percuotendo il suo esile animo.

La figura in saio nero e grigio avanzava verso di lui senza poggiare a terra. Le mani e il cuore tremavano al ritmo della Toccata. Mentre lottava per comporre la Fuga, alcune note furono cancellate dal sudore delle sue stesse mani. Si affrettò a riscriverle, spargendo ancora di più il loro nero sangue. Nella sua testa irrompevano risate sfrenate.

L'Incappucciato tendeva la mano verso di lui per afferrarlo. L'organo calcava il gran finale della Toccata. Scrisse le ultime note della Fuga ma per la fretta rovesciò il calamaio sugli spartiti, macchiandosi il petto. Le risate divennero tanto assordanti da non udire più la musica.
Giunto alle sue spalle, l‟Incappucciato bruciò la pergamena e, poggiando la mano sull'Organista, con voce solenne chiese della Fuga. Contorto dagli spasmi, l‟Organista non rispose: la Fuga non c'era. Mentre gli ultimi echi andavano scemando, il suo cuore si arrestò trafitto dal freddo.

Un gemito appena accennato. Silenzio. Buio. Applausi.

GIANDOMENICO DI SALVATORE, 26 anni, studente universitario e membro attivo di varie associazioni. Scrive poesie in lingua e in vernacolo ottenendo i primi riconoscimenti: due primi premi in festival abruzzesi, un terzo premio con un opera in vernacolo, una Menzione d‟Onore e una Menzione di Merito al Premio Letterario Internazionale “Gabriele D‟Annunzio” di Città S. Angelo (PE). Inoltre partecipa a recital ed eventi culturali, letterari ed artistici.

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